Tante care cose. E’ uno degli auguri più classici ma è anche il titolo del secondo album di Filippo Uttinacci, in arte Fulminacci. Classe 1997, il giovane cantautore si è raccontato a 360 gradi su #Soundon.
Ciao Filippo, parlaci di “Tante care cose”!
Tante care cose è un album che definirei il contrario di un concept album, perché è composto da una serie di canzoni non connesse tra loro a livello di contenuto, e neppure a livello di stile, ma che rispecchia una serie di cose che mi sono successe. E’ una raccolta di sentimenti, di emozioni che ho provato in questi due anni (dall’ultimo album del 2019, “La vita veramente”, ndr) e di cambiamenti, e quindi ho deciso di metterli tutte insieme e dargli il titolo di un augurio. Un augurio anche a me stesso!
L’album contiene anche la canzone “Santa Marinella” che hai portato a Sanremo 2021. Ci racconti di questa esperienza?
Come è nata la tua carriera?
Il mio percorso è un percorso tipico della mia generazione: non ho affrontato la parte della gavetta fisicamente, ma è stata sostituita dallo stare chiuso in camera ad arrangiarmi i pezzi “alla buona”. Quindi ho scritto delle canzoni da solo, cercando di suonare tutti gli strumenti come potevo, in modo tale da avere dei provini quantomeno presentabili. Poi ho cercato di entrare in contatto con le etichette e ho avuto la fortuna che Maciste dischi mi ha detto “Parliamone”.
Possiamo dire che questa per te è una fase di maturità artistica?
Come nascono le tue canzoni?
Diciamo che non puoi dire “Adesso invento una canzone”. Per permetterti di scrivere una canzone devi trovarti in una condizione mentale in cui non stai pensando a niente: la maggior parte dei brani mi sono venuti in mente lavando i piatti, guidando o mentre mi preparavo per uscire di corsa per fare altro. E’ come quando cerchi una cosa ma la ritrovi solo quando non ti serve più. La mente dev’essere completamente sgombra.
Quanto ha influito il periodo di pandemia sul tuo lavoro?
E’ stato un periodo in cui pensavo di non poter più toccare nessuna superficie e, non uscendo di casa, è stato molto complicato inventarsi delle cose. C’è stato un lunghissimo blocco in cui non ho scritto proprio nulla e questa cosa lascia i suoi strascichi. Il non aver vissuto delle serate con gli amici ti crea poi l’impossibilità di parlare di qualcosa e se non hai qualcuno che ti dà spunti di conversazione è complicato.
Progetti futuri invece?
Sto facendo le prove per il tour e mi sto divertendo molto. Sai Matteo, i pezzi che sono usciti in questo disco non hanno ancora avuto l’occasione di essere suonati e quindi non vedo l’ora. Io spesso tendo anche a dimenticare come si esegue un brano, perché lo fai, lo fissi e passi al prossimo. Nel live invece una canzone ha bisogno di qualcosa di diverso: l’energia che c’è in un concerto infatti crea nel brano una necessità di cambiamento.