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Le Cattive Compagnie, il nuovo progetto è un viaggio da vivere “Tutto in una notte”

Le Cattive Compagnie, il progetto del cantautore milanese Alessandro Marietti, presentano il concept album “Tutto in una notte”, uscito nel dicembre 2024. Un viaggio ambientato a Milano che, come racconta lo stesso artista a Sound On, inizia al tramonto e si sviluppa tra avventure e incontri più o meno mitologici fino all’alba, per poi concludersi con uno sguardo rivolto al futuro e al cambiamento.
Un album ricco di riferimenti importanti, come preannunciato dalla copertina chiaramente ispirata all’iconico “London Calling” dei Clash (a sua volta ispirata all’album d’esordio di Elvis Presley), progettato per portare alla luce riflessioni importanti attraverso il racconto di un affascinante universo avvolto nelle tenebre.

Come nasce e come si sviluppa il profetto “Tutto in una notte”?

Il disco racconta una delle mie serate a Milano. Si tratta di canzoni ispirate dalla notte e vanno dal tramonto all’alba, in ordine cronologico, pur non essendo delle canzoni letterali.
L’inizio è curioso perché nella canzone di apertura – “Fiori di Lavanda Gastrica” – il protagonista si trova in ospedale e sta per essere dimesso, per ricominciare tutto da capo. Mi piaceva l’idea che si potesse creare, riascoltando l’album, una sorta di loop.

Da qui si sviluppa un viaggio in cui si incontrano diversi personaggi.
Nella seconda canzone, “Dorian Gray” è una sorta di Virgilio in questo viaggio all’inferno. E lui è senza dubbio una cattiva compagnia.
Si prosegue con l’incontro con Beatrice (il terzo brano dell’album è “Beatrice Oscura Mietitrice”), la morte in persona che è venuta a prendermi perché il protagonista è troppo ubriaco. Peccato che viene scambiata per una bella ragazza da rimorchiare. L’idea della canzone nasce dalla tabella appesa fuori dalle trattorie e dai ristoranti, che spiegava le sensazioni avvertite a seconda della gradazione alcolica nel sangue. A 4.0 c’erano sensazioni di morte.

Il disco va avanti, “Disgraziata” è una ballad diversa dal solito che parla dell’assenza, della solitudine. E poi c’è Leyla, un omaggio alla “Layla” di Eric Clapton in cui viene ricordata la sua chitarra nell’ultimo ritornello. Nella mia canzone, però, Leyla è da intendersi come lei là, una lei lontana e irraggiungibile che durante la notte appare in sogno.

Cos’ha la notte di particolare?

Secondo me la tenebra ispira, il buio è un momento personale, di introspezione. Poi sicuramente non si viene disturbati, è calma, vengono fuori le idee migliori. Dal mio punto di vista è calda e accogliente, ti abbraccia, mentre il giorno è fonte di stress e di cose da fare.
C’è un mondo notturno, fatto di persone che la vivono probabilmente anche per lavoro. In una canzone dico che in Porta Ticinese mi sembrava di vivere in un paese, perché in quelle ore ci si conosceva tutti. L’intento era raccontare quello che succede in questo micro-posto dove ci si sente sicuri e si esce senza fare una telefonata a qualcuno, perché qualcuno lo incontri sicuramente.

Perché la scelta di un concept album?

Non lo fa più nessuno e come artista mi sento molto libero di scrivere e fare quello che mi viene in mente. Questo disco l’ho fatto per passione e perché avevo l’esigenza di farlo, di mettere insieme queste canzoni, senza pensare al resto. Spesso si dice che il tempo dell’attenzione si è ridotto ma non credo sia così, perché c’è anche chi si laurea in fisica, per esempio.
Forse la mia proposta è fuori dagli schemi commerciali, ma la reputo molto interessante. È un disco suonato dall’inizio alla fine e ci tenevo a farlo così.

A quale canzone dell’album sei maggiormente legato?

Saluti da Milano. È una canzone così scarna, fatta solamente piano e voce. Mentre tutto il disco si svolge in una notte, questo brano dà un’idea di cambiamento e guarda al futuro. Pur avendo un’atmosfera un po’ triste, punta la luce con ottimismo sulla via d’uscita da questa serata.

A proposito di futuro, che progetti ti attendono?

Sto lavorando a un secondo album incentrato sul tema del viaggio. Sarà dedicato a chi parte, a chi resta e chi torna. Si chiamerà “Dove eravamo rimasti” e riparte proprio da “Saluti di Milano”, dall’idea di abbandonare questa notte. Racconterò di chi vuole partire ma non riesce, di chi invece non vede l’ora di tornare. Ci stiamo lavorando, ho bisogno di stare ancora un pochino in studio e poi, in vista dell’estate, vorrei tornare a suonare anche dal vivo.

Puoi anticipare qualcosa sulla copertina?

Come ho fatto con il primo album, mi piace l’idea di rifarmi a dei dischi che mi hanno toccato in maniera particolare. Anche per questo secondo disco ho già in mente qualcosa e posso dirti che avrà a che fare con la copertina di un album dei Bluebeaters, con Giuliano Palma.

Alessandro Ventre

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