L’avventura di Alessandro Rina, in arte Alex, nel mondo della musica sembra essere solo all’inizio, eppure delinea in maniera particolarmente precisa e dettagliata il mondo di un artista a tutto tondo che ha molte cose da raccontare. Ospite in esclusiva a “Sound On”, il finalista dell’edizione 2022 di “Amici” presenta l’album “Ciò che abbiamo dentro”, uscito il 4 novembre dopo il successo di quest’estate dell’Ep “Non siamo soli” e spiega le ambizioni artistiche che lo hanno spinto a fare ritorno in Italia dopo un’esperienza formativa in Inghilterra lunga quattro anni.
“Ciò che abbiamo dentro” è appena uscito: come ti senti?
Questo album ha un titolo importante e considerando che spesso per le diverse generazioni è difficile comprendersi, cos’hai dentro tu e cosa pensi abbia dentro la tua generazione?
Per me tutto l’album è segnato da cose che ho dentro, sia a livello artistico che privato. Artistico perché, per esempio, la prima traccia parla di un live, di quello che succede durante un evento, mentre l’ultima traccia parla delle persone che mi supportano e dell’unione che si è creata, infatti è come se l’avessero scritta loro.
Penso che sicuramente noi giovani abbiamo tantissime cose dentro e dobbiamo solo trovare il modo giusto per tirarle fuori e trovare anche le parole giuste, la selezione di parole più giuste per descrivere quello che abbiamo dentro, che sia un problema, che sia un sogno, qualsiasi cosa.
Hai detto che l’album parla anche dell’esperienza sul palco, che tra l’altro hai recentemente calcato con due live a Roma e a Milano il 9 e il 23 ottobre.
Nel tuo caso prevale l’adrenalina o l’ansia?
“Amici” mi ha aiutato molto a gestire questa cosa, quindi è solo felicità, voglia di andare sul palco e diciamo quell’ansia è diventata appunto voglia di fare e di godermi il momento.
Hai trascorso parte della tua vita in Inghilterra, dai 15 ai 19 anni, e mi domando quanto può averti condizionato questa esperienza come artista?
Hai citato “Amici”, che ti ha permesso di farti conoscere al grande pubblico. In maniera un po’ provocatoria, ti chiedo quanto ti è spiaciuto non aver vinto?
Sul momento era bruttino, però poi già dal giorno dopo non ci pensavo più. Anche perché mi sono lasciato influenzare di più dal percorso che dal finale. Sono contento per come è andata e per me è come se avessi vinto, mi è bastato vedere le persone quando sono uscito e tutto quello che avevo attorno e non ho più pensato a niente. Nella mia testa non è mai stata una competizione, ma un impegno con me stesso.
Ti sei affermato e sei riconosciuto e apprezzato da molti tuoi colleghi nonostante la tua giovane età: qual è il tuo sogno nel cassetto?
Continuare a scrivere e continuare a lasciarmi andare sempre di più. Infatti, c’è un po’ di differenza tra quest’album e quello precedente: in “Non siamo soli” ero io che parlavo semplicemente tra me e me, da solo; mentre con questo album sono andato un po’ più nel personale e spero di scoprire modi nuovi di dire qualcosa. Come sogno nel cassetto resta questo essere felice, continuare a far musica il più lungo possibile e continuare ad essere ascoltato.