Di premi Marco Werba ne ha ricevuti tanti in 40 anni di professione, ma non ci si abitua mai ai riconoscimenti. Ed emozionatissimo, ha ritirato lo scorso 28 luglio questo ennesimo award alla carriera al Narnia Film Festival. Marc Adam Werblowsky, in arte Marco Werba, è uno dei compositori e direttori d’orchestra più apprezzati a livello internazionale. Nato a Madrid (Spagna) nel 1963, ha compiuto approfonditi studi musicali in Italia e all’estero (corsi di composizione, orchestrazione e musica per film al “Mannes College of Music” di New York), e corsi di direzione d’orchestra sotto la guida di Jean Jacques Werner presso l’Academie de Musique de Guerande in Francia.
Musicista pluripremiato, tra i suoi vari lavori per il cinema sono da menzionare “Zoo” di Cristina Comencini, “Anita, una vita per Garibaldi” e “Il Delitto Mattarella” di Aurelio Grimaldi, “Giallo” di Dario Argento, “Inane” di Besnik Bisha e “L’ile du Pardon” di Ridha Behi. Nel 2021 ha vinto il “Globo D’Oro” per le musiche originali di “Native”, di John Real.
La Musica nel Cinema: a che punto stiamo in Italia? Perché all’estero i compositori italiani riferiscono sia più apprezzata dal comparto cinematografico?
Perché c’è più rispetto per il lavoro del compositore, almeno per le produzioni importanti che hanno budget dignitosi per la realizzazione della colonna sonora. Mi raccontava Riz Ortolani che si trovava in albergo a Los Angeles mentre stava lavorando su un film. Lo chiama la produzione dicendogli che avevano dovuto tagliare la scena del film e gli chiedevano se fosse possibile adattare la musica. In Italia tagliano le scene e ti chiedono di rifare la musica senza tanti convenevoli. Spesso manca il rispetto per il lavoro del compositore. Oltre ad offrire budget ridicoli, i registi e i produttori italiani pretendono che il compositore sia sempre disponibile e che faccia tutte le modifiche che vogliono. Bisogna iniziare a “ribellarsi” e farsi trattare con più rispetto.
Un premio alla carriera per una esistenza artistica molto lunga nonostante i 60 anni di età appena compiuti, e un Festival come quello di Narni che le ha reso omaggio non solo attraverso un riconoscimento, ma anche con un concerto che lei ha presentato ed eseguito al pianoforte. Quali musiche ha regalato al pubblico del Teatro Manini? Emozione e sensazioni.
Ringrazio molto la direttrice artistica del “Festival di Narni”, Cristiana Pegoraro, per questo importante riconoscimento. Fare questo mestiere non è facile, soprattutto se non si hanno appoggi politici e amicizie nei vertici televisivi. Infatti, in 40 anni di attività, non sono mai riuscito a scrivere le musiche di una fiction. Diciamo che in Italia la meritocrazia non ha probabilmente il valore che meriterebbe, e molta importanza hanno le amicizie “giuste”. Ricevere un premio è una sorta di riscatto e di risarcimento per tutte le delusioni che magari si sono incontrate durante il proprio percorso professionale. Ho scritto la musica di 44 lungometraggi. Con le amicizie “giuste”, di cui ho appena parlato, avrei probabilmente scritto la colonna sonora di 80 film e 20 fiction.
Per il concerto a Narni ho scelto brani di diversi autori importanti come Nino Rota (Il Gattopardo, Romeo e Giulietta), Ennio Morricone (Per un pugno di dollari, Days of Heaven), Fiorenzo Carpi (Pinocchio), Michael Nyman (The piano), Francis Lai (Love story) etc. Ho anche inserito due temi musicali scritti dal cantautore Angelo Branduardi per “State Buoni se potete” di Luigi Magni perché li ho trovati belli e adatti al film.
Lei ha un taglio internazionale come compositore e direttore d’orchestra. Anche per via delle lingue che parla, ben quattro. Perché non si è mai trasferito a vivere fuori dall’ Italia?
Buona domanda. Avrei dovuto trasferirmi a Los Angeles tanti anni fa. Adesso ho una famiglia qui a Roma e penso che sia troppo tardi per “cambiare vita”. Molti anni fa incontrai un veggente sud americano (era l’astrologo di fiducia di Federico Fellini) che indovinò molte delle situazioni che mi sono capitate durante il mio percorso artistico. Mi disse anche che un giorno avrei avuto una nomination agli Oscar, anche se non l’avrei vinto. Questo non è ancora accaduto, ma avendo indovinato gli altri eventi che aveva anticipato, penso che potrebbe avverarsi anche questa sua “visione”. (sorride). Pur vivendo in Italia, ho iniziato a lavorare da tempo con produzioni straniere (inglesi, statunitensi, albanesi, spagnole e messicane). Penso di avere davanti ancora 20 anni di attività, prima di lasciare questo pianeta: il meglio deve ancora venire.
Un film tra i tanti musicati che lei porta nel cuore, e perché. E quello che non rifarebbe (se ne esiste uno, e la motivazione).
“Zoo” di Cristina Comencini è un film al quale sono molto affezionato, ma il film che mi ha dato più visibilità e soddisfazioni professionali è stato “Giallo” di Dario Argento. Nonostante la pellicola sia stata un disastro al botteghino, la colonna sonora ha vinto tre premi e sono usciti svariati articoli sul mio lavoro musicale. Il film era interpretato dal Premio Oscar Adrien Brody e da Emmanuelle Seigner. Ho sentito il peso della responsabilità. Da una parte un regista importante che aveva lavorato con Ennio Morricone, Keith Emerson, Pino Donaggio, i Goblin e Claudio Simonetti, dall’altra il produttore statunitense che mi aveva dato fiducia. In tre settimane ho dovuto scrivere, orchestrare, sincronizzare ed incidere con l’orchestra tutte le musiche del film. Con Dario Argento e il fonico Marco Streccioni siamo partiti per la Bulgaria e in un giorno abbiamo inciso tutto. Poi siamo tornati a Roma e abbiamo missato presso gli studi “Forum Village” a piazza Euclide. Non rifarei invece le musiche del film “Pro Wrestlers vs Zombies” perché lo ritengo il peggior film per il quale io abbia scritto il commento musicale.
Recentemente si è recato a Londra per dirigere la London Symphony Orchestra. Può rivelarci qualcosa di più?
Questo è uno dei traguardi importanti che sono finalmente riuscito a raggiungere. Sognavo di incidere con questi musicisti straordinari da una vita, e per il film statunitense “Hello Beautiful” ci sono riuscito. Ho convinto il regista Ziad Hamzeh e l’autrice del libro dal quale è tratto il film, Christine Handy, che avere la “London Symphony Orchestra” sarebbe stato motivo di prestigio per il loro lungometraggio. Il film è molto bello ed intenso, e meritava di avere un’orchestra di alto livello artistico che eseguisse le musiche originali. Ero già stato a Londra per incidere le musiche del film tunisino “L’ile du pardon”, del regista Ridha Behi, ma in quella occasione avevo lavorato con la “English Session Orchestra”. I musicisti inglesi hanno una rapidità di lettura ed una capacità di interpretazione che è difficile trovare da altre parti, ad eccezione dei “Berliner Philarmoniker”, i quali però hanno inciso solo la musica di un film (“Perfume” con Dustin Hoffman), mentre la “London Symphony Orchestra” ha inciso tante colonne sonore importanti.
Prima di salutarci, ci anticipa qualche progetto imminente?
Ci sono due pellicole in post-produzione per le quali dovrei scrivere le musiche, ma non ho ancora la certezza che sarò effettivamente io a lavorare su quei film. Il Cinema è una professione incerta che non offre garanzie. Per fare questo mestiere ci vuole molto coraggio.