Da un’idea nata attraverso una scommessa su un viaggio aereo nell’inverno 2020 all’affermazione in Giappone, concretizzata oggi con la pubblicazione di un nuovo EP e con il terzo tour che partirà in primavera. Il progetto dei Little Boys, l’esplosivo duo composto da Laura “Elle” Bertone (voce e chitarra) e Sergio “Esse” Pirotta (batteria), sembra avere i tratti di una splendida favola con già tanto da raccontare, ma con molte pagine ancora da scrivere.
Dopo aver suonato in altre band, Laura e Sergio scoprono un nuovo modo di fare musica e di intendere le canzoni, dando vita a una collaborazione retta sul costante confronto tra due personalità ben distinte.
Il risultato odierno sono due nuovi brani, “Izakaya“ e “Simile a me“, in cui i Little Boys collaborano con autorevoli produttori e musicisti giapponesi, come già successo in passato, per un viaggio che esplora differenti mondi e stili.

Avete appena pubblicato un nuovo EP, “Tokyo Addicted”: come è nato?
È stata un’esperienza nata e concretizzata dopo il primo tour in Giappone e registrata in studio durante il secondo tour a Tokyo insieme all’artista che ci ha invitato.
Questi due brani vi hanno dato modo di lavorare con produttori e musicisti giapponesi.
Cosa conserverete di questa collaborazione?
Ci ha stupito l’alta cura che hanno, la ricerca del perfezionismo. Sono professionisti professionali in qualsiasi cosa facciano, mentre noi fino ad allora siamo stati più pasticcioni. Anche su canzoni rock o punk è bello vedere quanta ricerca ci sia nella pulizia, nella distorsione, un lavoro molto interessante ed efficace.
Non c’è una multidimensionalità, bensì si sceglie un settore o una specializzazione molto ristretta in cui si opera alla perfezione.
Le canzoni erano nostre, ma ci piaceva includere anche questo chitarrista straordinario, Duran, che ci ha portato in giro per il Giappone. È stato molto bello.
Come funziona il processo creativo quando si scrive in diverse lingue?
Tutto si incastra sorprendentemente con molta fantasia. Prima dei Little Boys, io (Laura, ndr) avevo iniziato con un percorso cantautorale e autorale, incentrato sulla lirica della linga italiana e sulla poesia.
Poter scrivere in un’altra lingua credevo fosse un limite, mentre invece l’ho trovata quasi una liberazione. E ci sto prendendo gusto, perché riesci a creare sfumature nuove e magari a immergerti in mondi che ti danno un’ispirazione diversa. Si crea una sorta di cambio di personalità, molto divertente.
Adesso quando scrivo in italiano è come non rispecchiassi determinate sfumature.
Come vi spiegate il successo riscosso in Giappone? Che differenze ci sono rispetto all’Italia?
Siamo arrivati alla conclusione che a essere cambiato non è l’esterno ma l’interno, siamo noi a esserci approcciati in maniera diversa. Credo sia soprattutto quello ad aver funzionato, oltre alla voglia di far funzionare le cose in maniera non casuale.
Inoltre, in una città come Tokyo ci sono migliaia di locali in cui si suona costantemente tutte le sere dell’anno. E la gente partecipa a queste cose, le persone si affezionano.
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell’essere un duo?
Abbiamo avuto esperienze precedenti in band con più elementi. In questi casi, spesso c’è una persona che guida, con il rischio però di ritrovarsi a lavorare sempre alle stesse idee. In due, invece, si crea un botta e risposta più costruttivo.
Il bello della nostra partnership è che i nostri caratteri e le nostre personalità sono totalmente agli opposti e i punti deboli di uno vengono compensati dall’altro.
Le nostre creazioni sono frutto di lotta continua tra noi due, senza inseguire uno stile particolare.
Quando avete realizzato quello che vi stava accedendo?
È servito un po’ di tempo ad assestarsi su questa cosa perché il nostro progetto è nato quattro anni fa e prima di allora facevamo altro. Abbiamo preso in mano chitarra e batteria, siamo partiti da zero e abbiamo deciso di giocare finché non è diventato qualcosa di più serio, ma in maniera incosciente.
Non c’è stato modo di chiedersi quanto credessimo in questo progetto.
Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Torneremo a maggio con un altro tour più grande dei primi due. Abbiamo molte più date e ci spingiamo un pochino più a sud del Giappone. Dopo questa esperienza, ci piacerebbe direzionarci verso la Cina e scoprire cosa succede.
Il vostro progetto è nato sotto forma di scommessa: quale sarà la prossima?
Laura vorrebbe suonare a San Siro con lo stadio pieno, mentre a me (Sergio, ndr) piacerebbe suonare tutti i giorni in piccoli locali da cento persone.
(Laura, ndr) La scommessa è portare Sergio a San Siro.