Olly canta “A squarciagola” e si prepara all’ultima data del suo tour

La pubblicazione dell’ep “Il mondo gira”, la conferma al Festival di Sanremo con “Polvere”, il successo ottenuto con la cover de “La notte vola” (interpretata con Lorella Cuccarini), un tour che lo ha visto impegnato in buona parte d’Italia, fino alla chiusura – già sold out – prevista al Fabrique di Milano il prossimo 10 dicembre.

Con il nuovo singolo “A squarciagola”, Federico Olivieri, in arte Olly, racconta le sensazioni vissute negli ultimi mesi e chiude un anno cruciale per la sua carriera nel mondo della musica, sbocciando da giovane promessa della scuola genovese ad artista sempre più affermato.

 

 

Hai vissuto un anno di importanti novità senza fermarti mai. Come l’hai vissuto e come stai?
Sto bene, sono nel pieno della mia adolescenza e sto diventando ometto, di conseguenza aumentano le responsabilità e il carico di lavoro, ma sono carico e molto contento. Anche l’evento del Fabrique, in programma a breve, serve a darmi una spinta importante sia a livello mentale che fisico, perché mi sto allenando molto per arrivare preparato al meglio.
C’è tanta musica già pronta, ho bisogno di mettere a fuoco alcune cose ma quelle che invece sento più giuste per questo momento le faccio uscire. Non ci siamo mai fermato, ma come dico in “A squarciagola”, non sappiamo dove andremo ma andiamo.

 

Hai fatto riferimento al tuo ultimo singolo, “A squarciagola”, un brano molto introspettivo soprattutto nelle strofe
La cosa su cui ho ragionato a posteriori con July, con cui l’ho prodotta, è il fatto che siano proprio le strofe a rendere il brano totalmente mio. Se si considera un qualsiasi altro pezzo con un ritornello di quel tipo si dà un’impronta pop, invece quelle strofe mi hanno permesso di estrapolarlo da certi canoni e farlo mio, perché a un ascolto distratto possono sembrare troppo intricate. C’è tanta Genova, tanta scrittura più rap, una cosa che mi piace molto.
Ho raccontato una piccola parte dei pensieri vissuti durante quest’anno, una giusta felicità accompagnata da una sensazione di stranezza e paralisi, perché non mi sento ancora del tutto soddisfatto come vorrei. Per me non è una novità, perché sono sempre stata una persona che vuole sempre di più, però è bello crescere e poter dare nuove sfumature a questa cosa.

 

Volere sempre di più diventa uno stimolo nel tuo mestiere?
Certo, la mia vita si può tranquillamente barattare con quello che faccio. Preferisco una vita con questo stato d’animo tormentato ma che mi permetta di fare musica e arrivare alle persone, piuttosto che fare un lavoro che non mi soddisfa e avere i fine settimana sempre liberi. Non ti nascondo che ogni tanto sono in difficoltà perché non si tratta solo di volere qualcosa in più, bensì non sentirsi mai soddisfatti. È una sorta di dannazione che però mi sprona a fare sempre meglio e a riconoscere in modo arbitrario i momenti in cui non si sta facendo tutto al meglio. In poche parole, se un giorno mi dovessi ammalare di tristezza per quello che faccio, sarò paradossalmente felice perché ci starò mettendo tutto me stesso.

 

In questo anno di grandi cambiamenti è cambiato il processo di scrittura di nuovi brani?
Non più di tanto. Avendo una vita sociale pari a zero, andavo in tour e appena rientravo andavo in studio. Infatti, potenzialmente ho già un disco pronto a livello quantitativo, però voglio lavorare ancora tanto sul messaggio perché si tratta del secondo disco e ci tengo a fare qualcosa in più. Per fortuna non ho un periodo in cui scrivo e uno in cui resto fermo, scrivo quando ho voglia.
Le metodologie cambiano sotto la punta dell’iceberg, sul lavoro che c’è dietro. Però il seme del mio lavoro resta sempre lo stesso, anzi più sono vicino alle condizioni primordiali più cresce la voglia di fare. Non voglio dimenticare la fame dei tempi in cui registravo nel sottoscala di casa mia.

 

Che rapporto hai costruito con i fan?
Se “A squarciagola” fosse uscita un anno fa sarebbe stato un rischio incredibile, perché per capire quel brano devi avermi in qualche modo conosciuto. Averlo fatto uscire oggi, dopo il tour, mi ha permesso di stabilire quel senso di vicinanza con la mia fanbase su cui ho lavorato tantissimo per tutto l’anno. Un po’ per la risposta che ho ricevuto, perché dopo Sanremo ci sono state due date sold out ai Magazzini Generali di Milano e altre due al Largo Venue di Roma non si sarebbero mai verificati se non se non avessi fatto sei anni di carriera come indipendente, a parlare coi miei fan come se fossero miei amici. E poi nelle date di questo tour mi sono sempre fermato con tutti, perché ci tenevo a conoscere e vedere in faccia il mio pubblico. Da questo punto di vista sono sempre stati molto educati, con voglia di fare ed è stato bello. Quando lancio un segnale loro lo colgono e allo stesso modo io cerco di capire le loro esigenze, motivo per cui la chiusura del tour al Fabrique sarà organizzata in maniera particolare.

 

Questo rapporto ti condiziona nella preparazione dei live o nella scrittura di nuovi brani?
Per quanto riguarda le canzoni, non scriverò mai nulla che non parta da me, a meno che la storia di qualcun altro non sia di grande ispirazione per me. Mi carica vedere l’impegno da parte dei miei fan. Qualche giorno fa ho parlato con una ragazza di Bologna che mi raccontava di aver già preso i biglietti, l’albergo. Pensare che ragazzi così giovani, che studiano o lavorano, prendono da soli treni o macchine, alberghi, insomma un mio concerto tra tutto gli costa parecchio ed è una cosa non scontata. Si meritano lo spettacolo della vita e per questo darò tutto quello che è nelle mie competenze, nel mio budget e nelle mie possibilità.

 

Cosa succederà dopo il tour?
Il piano è continuare a fare musica, senza l’urgenza di dover far uscire un disco entro una determinata data. Sto ancora sperimentando, come dimostra A squarciagola, senza abbandonare la cassa dritta oppure il brano solo chitarra e voce. Stiamo migliorando sia io come scrittura sia July come arrangiamenti: lui è Cassano e io sono Pazzini, aspetto i suoi assist.

 

 

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